Rompere
il fronte del buonismo
Dopo
qualche tempo ripasso da Piazza Petrarca alle 10 del sabato mattina,
l’ora di punta del mercato. La concentrazione di giovani nigeriani
con il cappellino in mano è impressionante: davanti ai chioschi
degli alimentari ce n’è praticamente uno per ogni postazione.
Prosegui per il centro, alla Chiesa del Carmine uno per ogni uscita,
più avanti uno ad ogni incrocio, con studiata concentrazione dove
maggiore è il traffico pedonale. 50? 100? Non ho il cinismo
sufficiente per dedicarmi alla statistica. Ma la questione è ormai
transitata in quel campo. Con uno ti fermi e parli, il secondo lo
saluti tutti i giorni, al terzo e al quarto sorridi, arrivando a 50
osservi solo se per caso nel prossimo incrocio ce n’è un altro.
Quello
che non ho sotto gli occhi, ma che leggo sul sito della Comunità
Papa Giovanni XXIII:
Dopo
essere sbarcate in Sicilia e inviate ai Centri di accoglienza del
Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (SPRAR),
le ragazzine ottengono facilmente un permesso per richiedenti asilo
politico; subito dopo vengono prelevate
direttamente negli stessi Centri di accoglienza dai
loro sfruttatori, con cui erano già in contatto.
L’omicidio,
l’aborto sono peccati gravissimi, il genocidio o l’olocausto
dell’aborto legale sono a un altro livello. La prostituzione rende
schiava una donna, la tratta è una struttura di peccato, dove i
singoli peccati si sommano fino a diventare statistica.
Un
ragazzotto ha investito 400 €, si è abbonato al Registro Navale e
per un mese ha seguito con pazienza i movimenti delle navi su
internet (l’ha
rilanciato anche Striscia la Notizia): il quadro è sconfortante,
le operazioni di “salvataggio in mare” consistono in una spola
fra i porti siciliani e il limite delle acque libiche, dove gli
scafisti praticamente consegnano barconi di disperati al servizio
gratuito (per loro) di trasporto, non come prevedono i regolamenti
fino al “porto sicuro” più vicino (a 70 miglia, in Tunisia) ma
in Sicilia (250 miglia nautiche). In quelle poche miglia da Tripoli
fino alle navi italiane o europee i gommoni stracarichi spesso si
rovesciano, e così il ministro Alfano che, dopo il primo anno di
Mare Nostrum rivendicava “noi non li lasciamo morire in mare, noi
abbiamo salvato 20 mila vite”, al termine del suo mandato,
nell’anno 2016, poteva celebrare 180 mila sbarchi e 5 mila morti in
mare. Non male come “rimozione delle cause”.
...E
prima? Lo sappiamo ormai alla nausea: illusioni tragiche che
diventano moda, viaggi allucinanti nell’oceano di sabbia le cui
dune ricoprono probabilmente un multiplo dei morti nel Mediterraneo,
le torture nelle prigioni delle varie fazioni libiche.
...E
dopo? Anche qui sfondiamo porte aperte: profitti stratosferici di
enti più o meno umanitari, resi possibili da stanziamenti pazzeschi
(3,3 miliardi € nell’ultimo anno!), quali la cooperazione allo
sviluppo mai si è sognata neppure negli anni di vacche più grasse,
allarme e risentimento di chi campa di sussidi o di stipendi sempre
più da fame, di comunità di qualche centinaio di anime che si
vedono occupate da 50 o 100 ragazzotti senza alcuna prospettiva
(nell’80% dei casi, ma non è che gli altri, i “veri profughi”
con la protezione umanitaria in mano se la passino poi così bene).
Cioè, la prospettiva c’è, chiara e scontata: qualcuno, dopo anni
di emarginazione e umiliazioni, inserito sgomitando fra italiani
poveri in qualche posto di lavoro costato valanghe di investimenti
non per lui ma per il “sistema”, la maggior parte in giro per
l’Italia con un cappellino in mano, vitto(?), alloggio(?) (il
biglietto del treno non si paga) e magari un euro al giorno dal loro
“padrone”, italiano o straniero non importa.
"L'operazione
Mare Nostrum non va interrotta perché sta salvando migliaia di vite
umane e
questo viene prima di ogni valutazione di tipo politico ed economico"
Ed
eccoli qua, i numeri dei morti, prima di Mare Nostrum (2013-2014) e
Triton (dopo Mare Nostrum)… Che brividi, e non sono solo bastoni
blu, sono cataste di morti...
Anni e anni... l’ “emergenza” costruita a tavolino suona bolsa e
di una falsità sempre più ributtante. 180 mila all’anno vuol dire
una Modena o una Reggio Calabria. Cosa facciamo? Non tiriamo in ballo
l’Europa per favore, uno in più in Francia vuol dire un voto in
più alla Le Pen, in Germania un voto in meno alla Merkel, quindi
anche loro ormai han detto stop. O vale il bilancio cinico con 80
mila culle vuote in più e 100 mila giovani italiani all’estero?
Forse per qualcuno è questo, tanto il mondo è di tutti...PER ME NO.
Io credo che se Dio mi ha fatto nascere qui è perché qualche
responsabilità ce l’ho verso anche verso il prossimo mio vicino di
casa.
Allora?
Continuiamo a fare “rimozione delle cause” unendoci agli
appelli indignati contro il razzismo (?) o la vogliamo fare
seriamente, guardando in fondo a quegli occhi scuri e ai loro veri
bisogni e ascoltando le parole dei nostri, gli italiani, che ci
parlano, ci chiedono, magari ci puntano il dito contro, usando
categorie sgrammaticate riassumibili in due monosillabi: “E noi?”
- Traduco (ho studiato un po’ di lingue) - “Quando spenderete per
noi 32 € al giorno?”
FERMARE
LA TRATTA. DOMANI MATTINA. INVESTIRE QUEI MILIARDI PER I
REINSERIMENTI, LO SVILUPPO, I PROGETTI A CASA DI CHI PARTE. PER
CREARE FRATERNITA’ E SPERANZA.
Rompere
il fronte del buonismo ipocrita, affarista e assassino che
ha bisogno e sfrutta quei ragazzi e quelle ragazze, a me così cari,
perché ci ho lavorato bega kwa bega (spalla a spalla), perché a un
loro figlio, coi capelli crespi identici ai loro, ho cambiato il
pannolone per tre anni e mezzo in casa mia (LUI aveva bisogno
dell’Italia). E sempre di più ripeto col Comboni: “O Nigrizia
o morte! Salvare l’Africa CON gli africani!”
Bisogna
parlare e rispondere a quegli sgrammaticati, a quegli arrabbiati, a
quelli che con orrore hanno deciso di comprarsi una pistola e la
tendono nel cassetto. Bisogna fargli sentire che anche per noi la
bontà si coniuga col buon senso, non con il buonismo.
CONCLUSIONE
- Riconosciamo, e lavoriamo per chiudere, le fabbriche di croci,
non camminiamo più a braccetto con chi le fabbrica, anche se poi
distribuisce rotoli di bende per chi soccorre i
crocifissi. Un appello ai liberi e forti come
ai tempi di don Sturzo, perché di fronte alla dittatura globale del
relativismo, di cui l’immigrazione
incontrollata è un pilastro indispensabile, i pochi o
tanti che continuano a usare il buon senso devono serrare i ranghi e
agire. Io ci sto.
Pavia,
12 marzo 2017 – II Domenica di Quaresima