domenica 19 marzo 2017


Rompere il fronte del buonismo

Dopo qualche tempo ripasso da Piazza Petrarca alle 10 del sabato mattina, l’ora di punta del mercato. La concentrazione di giovani nigeriani con il cappellino in mano è impressionante: davanti ai chioschi degli alimentari ce n’è praticamente uno per ogni postazione. Prosegui per il centro, alla Chiesa del Carmine uno per ogni uscita, più avanti uno ad ogni incrocio, con studiata concentrazione dove maggiore è il traffico pedonale. 50? 100? Non ho il cinismo sufficiente per dedicarmi alla statistica. Ma la questione è ormai transitata in quel campo. Con uno ti fermi e parli, il secondo lo saluti tutti i giorni, al terzo e al quarto sorridi, arrivando a 50 osservi solo se per caso nel prossimo incrocio ce n’è un altro.
Quello che non ho sotto gli occhi, ma che leggo sul sito della Comunità Papa Giovanni XXIII:

Dopo essere sbarcate in Sicilia e inviate ai Centri di accoglienza del Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (SPRAR), le ragazzine ottengono facilmente un permesso per richiedenti asilo politico; subito dopo vengono prelevate direttamente negli stessi Centri di accoglienza dai loro sfruttatori, con cui erano già in contatto.

L’omicidio, l’aborto sono peccati gravissimi, il genocidio o l’olocausto dell’aborto legale sono a un altro livello. La prostituzione rende schiava una donna, la tratta è una struttura di peccato, dove i singoli peccati si sommano fino a diventare statistica.

Un ragazzotto ha investito 400 €, si è abbonato al Registro Navale e per un mese ha seguito con pazienza i movimenti delle navi su internet (l’ha rilanciato anche Striscia la Notizia): il quadro è sconfortante, le operazioni di “salvataggio in mare” consistono in una spola fra i porti siciliani e il limite delle acque libiche, dove gli scafisti praticamente consegnano barconi di disperati al servizio gratuito (per loro) di trasporto, non come prevedono i regolamenti fino al “porto sicuro” più vicino (a 70 miglia, in Tunisia) ma in Sicilia (250 miglia nautiche). In quelle poche miglia da Tripoli fino alle navi italiane o europee i gommoni stracarichi spesso si rovesciano, e così il ministro Alfano che, dopo il primo anno di Mare Nostrum rivendicava “noi non li lasciamo morire in mare, noi abbiamo salvato 20 mila vite”, al termine del suo mandato, nell’anno 2016, poteva celebrare 180 mila sbarchi e 5 mila morti in mare. Non male come “rimozione delle cause”.

...E prima? Lo sappiamo ormai alla nausea: illusioni tragiche che diventano moda, viaggi allucinanti nell’oceano di sabbia le cui dune ricoprono probabilmente un multiplo dei morti nel Mediterraneo, le torture nelle prigioni delle varie fazioni libiche.

...E dopo? Anche qui sfondiamo porte aperte: profitti stratosferici di enti più o meno umanitari, resi possibili da stanziamenti pazzeschi (3,3 miliardi € nell’ultimo anno!), quali la cooperazione allo sviluppo mai si è sognata neppure negli anni di vacche più grasse, allarme e risentimento di chi campa di sussidi o di stipendi sempre più da fame, di comunità di qualche centinaio di anime che si vedono occupate da 50 o 100 ragazzotti senza alcuna prospettiva (nell’80% dei casi, ma non è che gli altri, i “veri profughi” con la protezione umanitaria in mano se la passino poi così bene). Cioè, la prospettiva c’è, chiara e scontata: qualcuno, dopo anni di emarginazione e umiliazioni, inserito sgomitando fra italiani poveri in qualche posto di lavoro costato valanghe di investimenti non per lui ma per il “sistema”, la maggior parte in giro per l’Italia con un cappellino in mano, vitto(?), alloggio(?) (il biglietto del treno non si paga) e magari un euro al giorno dal loro “padrone”, italiano o straniero non importa.


"L'operazione Mare Nostrum non va interrotta perché sta salvando migliaia di vite umane e questo viene prima di ogni valutazione di tipo politico ed economico"


Ed eccoli qua, i numeri dei morti, prima di Mare Nostrum (2013-2014) e Triton (dopo Mare Nostrum)… Che brividi, e non sono solo bastoni blu, sono cataste di morti...

Anni e anni... l’ “emergenza” costruita a tavolino suona bolsa e di una falsità sempre più ributtante. 180 mila all’anno vuol dire una Modena o una Reggio Calabria. Cosa facciamo? Non tiriamo in ballo l’Europa per favore, uno in più in Francia vuol dire un voto in più alla Le Pen, in Germania un voto in meno alla Merkel, quindi anche loro ormai han detto stop. O vale il bilancio cinico con 80 mila culle vuote in più e 100 mila giovani italiani all’estero? Forse per qualcuno è questo, tanto il mondo è di tutti...PER ME NO. Io credo che se Dio mi ha fatto nascere qui è perché qualche responsabilità ce l’ho verso anche verso il prossimo mio vicino di casa.
Allora? Continuiamo a fare “rimozione delle cause” unendoci agli appelli indignati contro il razzismo (?) o la vogliamo fare seriamente, guardando in fondo a quegli occhi scuri e ai loro veri bisogni e ascoltando le parole dei nostri, gli italiani, che ci parlano, ci chiedono, magari ci puntano il dito contro, usando categorie sgrammaticate riassumibili in due monosillabi: “E noi?” - Traduco (ho studiato un po’ di lingue) - “Quando spenderete per noi 32 € al giorno?”

FERMARE LA TRATTA. DOMANI MATTINA. INVESTIRE QUEI MILIARDI PER I REINSERIMENTI, LO SVILUPPO, I PROGETTI A CASA DI CHI PARTE. PER CREARE FRATERNITA’ E SPERANZA.



Rompere il fronte del buonismo ipocrita, affarista e assassino che ha bisogno e sfrutta quei ragazzi e quelle ragazze, a me così cari, perché ci ho lavorato bega kwa bega (spalla a spalla), perché a un loro figlio, coi capelli crespi identici ai loro, ho cambiato il pannolone per tre anni e mezzo in casa mia (LUI aveva bisogno dell’Italia). E sempre di più ripeto col Comboni: “O Nigrizia o morte! Salvare l’Africa CON gli africani!”
Bisogna parlare e rispondere a quegli sgrammaticati, a quegli arrabbiati, a quelli che con orrore hanno deciso di comprarsi una pistola e la tendono nel cassetto. Bisogna fargli sentire che anche per noi la bontà si coniuga col buon senso, non con il buonismo.

CONCLUSIONE - Riconosciamo, e lavoriamo per chiudere, le fabbriche di croci, non camminiamo più a braccetto con chi le fabbrica, anche se poi distribuisce rotoli di bende per chi soccorre i crocifissi. Un appello ai liberi e forti come ai tempi di don Sturzo, perché di fronte alla dittatura globale del relativismo, di cui l’immigrazione incontrollata è un pilastro indispensabile, i pochi o tanti che continuano a usare il buon senso devono serrare i ranghi e agire. Io ci sto.

Pavia, 12 marzo 2017 – II Domenica di Quaresima

















sabato 11 marzo 2017

Preghiera della Speranza
 scritta da Giorgio Asuni


 Dio Nostro Padre
 È difficile chiamarti così 
Soprattutto quando le cose
 Non vanno secondo le preghiere chieste 
E lo scorrere del tempo
 Diventa l’inesorabile realtà quotidiana. 
E’ per questo che
 Quando la stanchezza diventa insopportabile 
Si smette di chiedere qualsiasi cosa
 E non rimane altro che dire
 E va bene 
Sia fatta la tua volontà. 
Ma poiché non ci è concesso conoscerla 
Non permettere che la speranza ci abbandoni 
Poiché tutto è possibile e Tu,
Con un semplice soffio, 
Puoi rendere possibili cose che in 10 anni 
Non sono mai accadute 
Rendendoci la vita meno pesante 
E più gioiosa da essere vissuta 
Amen

Giorgio ci ha lasciato lunedì 6 marzo 2017, a 54 anni, dopo 35 di convivenza con la sua malattia e almeno 10 in carrozzina. E' di lui, del suo mite coraggio, della sua Fede sussurrata ma granitica che vorrei sentir parlare in televisione.